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Il nazismo di Heidegger è un sottogenere del fantasy

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“Tornare a parlare di Heidegger nazista può sembrare un esercizio noioso”, esordisce l’ennesimo pezzo sulla fine questione filosofica del presunto nazismo di Heidegger: ormai un sottogenere letterario che attinge al fantastico, una chiacchiera filosofica di quel genere che proprio Heidegger relegava a passatempo contro la noia (ah, l’inconsapevole ironia). E’ una questione che, lasciata in mano ai commentatori, tende a finire nell’elencazione di altri personaggi emeriti che avrebbero preso abbagli politici in una sorta di riabilitazione collettiva o, peggio, nell’assolutorio isolamento del pensiero filosofico rispetto al pensiero politico.

Proveremo invece a ricondurre tale questione nei termini di una minima correttezza fattuale, in primo luogo per quando riguarda il rettorato di Friburgo: Heidegger diviene effettivamente rettore, eletto all’unanimità nella primavera del 1933, dietro la richiesta e con il sostegno del precedente rettore, il socialdemocratico Von Möllendorf, costretto alle dimissioni dalla NSDAP. E’ a questo punto che prendere la tessera nazionalsocialista diviene quantomeno necessario per evitare un’eccessiva esposizione contro il partito; nonostante questo, quando appena un anno dopo darà le dimissioni (siamo nell’aprile del 1934), l’organo del partito di Friburgo saluterà il nuovo rettore che lo sostituisce come “il primo rettore nazionalsocialista” di Friburgo. E’ giusto ricordare che dopo la caduta di Hitler gli occupanti alleati revocarono ad Heidegger il permesso di insegnare, ma si tende curiosamente a dimenticare  che molti, fra cui Arendt e Jaspers, considerarono questo provvedimento ingiusto e ingiustificato.

Per quanto riguarda gli appunti di Heidegger di recente pubblicazione che hanno buttato paglia sul fuoco del fortunato filone, occorre precisare che – al contrario di quanto affermato nel post precedente – i cosiddetti Quaderni Neri sono stati pubblicati ben prima di quanto fosse stato previsto dal piano editoriale dell’opera omnia, fissato dallo stesso Heidegger nel 1976. Rimane oscuro, seguendo il ragionamento dei novelli censori, il motivo per cui il filosofo che davvero avesse voluto nascondere il propri convincimenti antisemiti, invece di “rallentare” la loro pubblicazione rendendola postuma, non abbia semplicemente stracciato le 12 pagine su mille che si occupano di mondo ebraico. Questo avrebbe potuto farlo sicuramente dopo la caduta del nazismo. Ma prima perché mai un antisemita convinto che ha la fortunata sorte di vivere in un regime ufficialmente antisemita, avrebbe dovuto tenere nascosti i propri sentimenti affidandoli a quadernetti tipo Moleskine di cui nessuno conosceva l’esistenza, invece di scrivere articoli come faceva per esempio Rosenberg? Sarebbe molto più semplice, oltre che veritiero, ammettere che i Moleskine furono nascosti perché contenevano frasi come “il nazismo è un principio barbarico” e altre in cui si parla di Hitler come di un pericoloso delinquente; in cui si scrive peraltro: “nota per asini fatti e finiti: l’antisemitismo è un principio esecrabile e insensato”.

Sulla questione della tecnica, il nostro precedente autore la interpreta da ignote pagine hedeggeriane come “il male” contrapposto alla purezza della tradizione. Nelle conferenze di Brema Heidegger dice piuttosto che la tecnica è l’essere stesso: voleva forse dire che “il male” è “il bene”? Oppure non ha mai pensato che “la tecnica” fosse “il male”?

E infine, il nostro autore si spinge a condensare la filosofia di Heidegger in un invito a un “nuovo umanesimo” che coinciderebbe con il nazionalsocialismo: a una simile scorciatoia non si può che rispondere rimandando alla lettura degli oltre cento libri a disposizione degli studiosi, impresa faticosa ma che porterà a convergere sulla mancanza di qualsiasi appoggio testuale a supporto.

Per quanto riguarda le prossime puntate della vicenda – “le chicche più gustose” come le definisce il nostro – la sorpresa è ormai rovinata ai lettori ingolositi: in una delle lettere al fratello si apprende di un Heidegger effettivamente entusiasta che invita alla lettura del Mein Kampf definendo Hitler “un genio”. Si tratta di un errore grossolano che, non appena compreso, è stato rimediato dal filosofo nei limiti del possibile: rimettere la tessera sarebbe stato letto come un atto patente di ostilità verso il partito e gli sarebbe potuto costare troppo caro. Per contro, vietò fermamente al figlio di iscriversi alla Gioventù hitleriana.


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